Europa ed Italia - Immigrazione e sicurezza: il problema del secolo

 

Il problema della immigrazione doveva essere affrontato  dall’Italia, con fermezza o quanto meno applicate con severità quelle che regolamentavano l’immigrazione legale ed illegale, oggi più che mai, l’esigenza di una revisione e opportuni correttivi di miglioramento ai provvedimenti speciali, quindi  su questi temi molto seri, ancora non risolti, non è il momento di addossare responsabilità a governi di centro-sinistra o di centro destra, ora non c’è più tempo, di rinvii o proroghe a chi deve o dovrà affrontarle. La maggioranza (se si può considerare ancora tale) ed opposizione, da subito, dovrebbero aprire un dibattito chiamando in causa tutte le parti sociali e perchè no, nell’ambito delle comunità italiane all’estero, che possono essere testimoni per un contributo concreto su temi legati all’immigrazione, gli organismi sono tutt’ora operativi, creati a supporto oggi denominati  COM.IT.ES., C.G.I.E. e dal 2006, anche 18 rappresentanti delle comunità Italiane che partecipano ai lavori al Parlamento (Camera dei Deputati e del Senato Italiano).

Nel periodo post-bellico, che moltissimi italiani per ragioni politiche, causate da un infausto trattato di pace firmato nel 1947 a Parigi, ci fu l’esodo delle comunità italiane di una parte della Regione Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia, che dovettero prima rientrare in Italia e quelli che non ebbero la fortuna di trovare sistemazione nella loro madre patria, si assoggettarono ad accettare una particolare emigrazione verso le Americhe, Australia e nel Sud Africa. Altre destinazioni nelle nazioni più a nord dell’Italia. In alcuni paesi europei, l’emigrazione italiana, caratterizzata dalle politiche emigratorie frontaliere con accordi bilaterali, classificate periodi stagionali. 

La Chiesa Cattolica aveva espresso con le raccomandazioni per una migliore accoglienza, ma nel pieno rispetto delle leggi dei paesi ospitanti. Il fatto di cronaca nera causato dal folle omicida Rom di nazionalità romena, per avere  compiuto un reato grave, assassinando una cittadina italiana, residente nella capitale d’ Italia, non era un caso isolato, ma ad una lunga serie di reati gravi compiuti da immigrati comunitari ed extracomunitari e la naturale reazione, come la goccia che fa straboccare il bicchiere, alzando il livello dell’esasperazione dei cittadini italiani con eclatanti proteste ed invocando giustizia, soprattutto per non avere provveduto tempestivamente a regolamentare con criteri più adeguati la massa di immigrati che entravano ed entrano in Italia da tutte le direzione, soprattutto dopo il 1989 con la caduta del muro di Berlino, intenzionati a  stabilirsi in Italia, convinti di un paradiso alla portata di chiunque desidera approdare in Italia. Allo stesso tempo, non credo si possa accettare normative europee che impediscano a svolgere meglio le misure di sicurezza regolamentati da disegni o decreti di legge varati dal Parlamento o dal governo italiano. Se dette normative europee non corrispondono alle reali esigenze per l’applicazione della legge italiana, si attivino immediatamente le commissioni preposte per eliminare tali impedimenti. 

I politici, legislatori, amministratori, enti pubblici, le istituzione italiane ed ai tutori della legge e agli apparati dello stato che si occupano della sicurezza del cittadino italiano e non, liquidando una situazione seria anche se in buona fede, con atteggiamenti tolleranti: facciamoli arrivare questi poveretti dai loro paesi di origine, perchè prima poi, troveremo o troveranno un lavoro e si sistemeranno, come se tutto fosse facile. In effetti, l’industria in condizioni economiche migliori di quelle attuali avrebbe potuto assorbire manodopera fornita dall’immigrazione, questo forse potrebbe giustificare l’essere stati troppo accomodanti. Un’immigrazione sproporzionata e senza alcun freno che potesse controllare il disordinato flusso immigratorio, non concedendo nemmeno un minimo di assistenza strutturale (casette in legno prefabbricate con i servizi essenziali) nelle aree più opportune, perchè lo stato di quelle categorie di  immigrati male ridotti e praticamente senza un tetto, senza lavoro, tranne la volontà di sistemarsi in Italia come speranza di una migliore vita..

Secondo il criterio di accoglienza fin’ora applicata può maturare un ragionamento negativo, quindi regole del buonismo non si possono più tollerare, quando ci si trova o ci troveremo di fronte l’allargarsi del fenomeno di reati gravi, senza certezza della pena e come invitare a pranzo probabili malfattori, delinquenti e criminali, senza le precauzioni opportune e norme di sicurezza a difesa dei cittadini che vivono in una nazione. Sistemi o metodi praticati nel ventennio fascista che ostacolavano la libera circolazione, ma allo stesso tempo, era comune a tutti il senso dello stato ed il concetto della sovranità della nazione e sopratutto la difesa del territorio nazionale.

Nessuno dei lettori di queste poche righe potrà mai negare che allora, come oggi, c’erano famiglie che per ragioni ambientali o economiche desideravano trasferirsi dall’Italia meridionale a quella settentrionale, ma non era così facile come attualmente avviene in Italia, che approdano masse di immigranti da ogni nazione, di ogni razza e di ogni religione, che si spostano con facilità da una località all’altra, senza un minimo controllo e senza sapere chi sono, se hanno un indirizzo, se hanno un lavoro o  mezzi finanziari per vivere onestamente nella nostra nazione. Se una famiglia italiana domiciliata in un qualsiasi comune del meridione d’Italia, per trasferirsi, come minimo avrebbe dovuto avere un parente od un amico in cui poteva contare per trovare un alloggio, un lavoro ed a tutti gli effetti buoni cittadini nei loro paesi di origine, la lingua italiana, era necessaria per una corretta comunicazione.

Procedure amministrative più complesse si manifestarono agli emigranti destinati negli Stati Uniti. Un parente residente negli USA, per richiamare membri della sua la famiglia, scriveva una lettera proponendo se erano interessati a trasferirsi in America e moltissime di queste proposte si conclusero positivamente, ma la complessità relative le domande, informazioni e documenti che riguardavano la persona, veniva definita dopo un determinato periodo e la pratica si estingueva con la visita medica presso  gli uffici consolari americani che accertavano lo stato di buona salute del o dei candidati ammessi nella quota stabilita per entrare negli USA. L’emigrante partiva solo se in possesso del certificato firmato dal datore di lavoro americano e per la cittadinanza doveva dimostrare di essere residente negli USA almeno da 5 anni, frequentare brevi corsi serali per apprendere le prime nozioni della lingua locale per comunicare in inglese, con la raccomandazione di non commettere reati penali, poi poteva richiedere l’attestato che lo qualificava cittadino statunitense.

Al cittadino italiano emigrato negli Usa veniva consegnato un tesserino di riconoscimento con fotografia e relativi dati anagrafici, ed aggregandosi alla famiglia, da subito un posto di lavoro e usando il cervello e molto sacrificio, inserendosi  nella nuova realtà sociale lo aiutavano a crescere economicamente e se più fortunato, avrebbe potuto realizzare un sogno tenuto da troppo tempo nel cassetto.

 

Boston, 7 novembre 2007                                       On. Michele Frattallone