Il nostro pane quotidiano

 

Da una nota trasmissione televisiva fonte Rai International, ho seguito un’ interessantissimo dibattito che certamente e’ stato seguito da milioni di telespettatori. L’argomento, interessava indubbiamente gli ascoltatori ma molto di piu’le famiglie italiane. Comunque non era la prima volta che ho assistito dibattiti di questo genere, erano presenti un ministro, un  ex ministro, rappresentanti delle varie categorie del settore commerciale, produttivo, della grande distribuzione e un alto esponente bancario. L’argomento principe era il costo dei beni di prima necessita’ (pane, pasta carne, e vari prodotti ortufrutticoli). Non credo che sia esagerato il coinvolgimento di studiosi in economia per individuare i motivi del costo sproporzionato del nostro pane quotidiano. Da quando mondo e’ mondo si sono sempre verificati cicli che condizionano l’am- biente con temperature siberiane e successivamente temperature torride, sia in un caso che nell’altro, alterano le produzioni a volte abbondanti e viceversa insufficienti per il fabbisogno di determinate nazioni.

 

Questi  cambiamenti climatici incontrollabili fanno scattare il meccanismo del mercato mondiale: piu’ aumenta la domanda e piu’ cresce l’offerta, Su questo principio penso che tutti concorderanno che non c’e’ alcun rimedio a meno che’ non si voglia applicare leggi speciali ed il controllo di tutto questo problema trasferirlo agli apparati dello stato, con prezzi indicati da un’ opportuno ossrvatorio inflessibile, affinche’ vengano introdotti norme di controllo accompagnata da leggi severe per punire eventuali speculatori. Oserei affermare utopistico eventuali provvedimenti del genere che non sono criteri praticabili perche’ la democrazia insegna che non si possono ledere certi principi legati al libero mercato.

 

Non e’ confortante adottare il criterio di fare i conti in tasca a coloro che sono una grande schiera di piccoli imprenditori, che appartengono al mondo del lavoro del settore commerciale ed industriale. L’Italia non ha le risorse naturali comparata la sua posizione di quarta, quinta o sesta potenza industriale, l’Italia puo’ solo trasformare la materia prima, quindi se costretti acquistarle all’estero, all’industriale italiano le materie prime costeranno piu’ care. Il fornaio un artigiano della panificazione che non possiamo farne a meno, per la sua piccola o grande azienda dovra’ acquistare la farina ad un prezzo tutto sommato contenibile, ma soggetto ai mille problemi relativi i costi di una gamma di prodotti: farina, acqua, lievito e sale.

 

Oltre le spese menzionate, quello d’impianto e gli ammortamenti per i macchinari ed attrettezzature e con una serie di servizi ed altro: la luce elettrica, normale e quella industriale, una serie di prodotti per la ma- nuntenzione dei locali, polizza assicurativa, i rinnovi delle licenze annuali, almeno un mezzo di trasporto per la distribuzione, il ragioniere o contabile per il disbrigo delle pratiche relativa l’attivita’, il pagamento delle tasse, il canone d’affitto dei locali e se di sua proprieta’ il mutuo della banca, il costo del suo conto-corrente ed i fidi bancari, la quota annuale di appartenza all’associazione del settore, le spese per il trasporto merci, se ha dipendenti, gli stipendi ed altri oneri convenzionati con l’ I.N.P.S., il prodotto non venduto o avariato oppure spese impreviste.

 

Comunque, sono convinto che un certo controllo sarebbe opportuno farlo ed anche alleggerire le bollette della luce, dei telefoni, dell’acqua, della benzina, mutui bancari, le polizze d’assicurazione e meno tasse per i piccoli imprenditori. Negli ultimi anni il costo della vita e’ aumentata vertiginosamente e se per alcuni aspetti l’Euro forte, puo’ favorire alcuni settori, pero’ non agevolano le esportazioni del prodotto italiano. E’ utile una efficace politica, affinche’ cresca il pil nazionale, quindi e’ necessario la rimozione delle cose che impediscono la competitivita’, ridurre il costo della vita e mediare, affinche’ l’Euro non sia troppo forte e se il polo monetario, rimane cosi’, inevitabilmente penalizzera’ l’Italia. 

 

Potrebbe essere adottata una buona politica agraria con piu’ incentivi per riequilibrare il rapporto citta’ e centri rurali, e soprattutto evitare inutili sprechi a cominciare dalle amministrazioni pubbliche, private e dalle singole famiglie. Discorsi in altre direzioni non servono, la politica migliore e’ quella di sapere  ascol- tare attentamente i reali problemi di tutti i giorni. Forse detto discorso  non e’ fattibile con l’attuale governo che ha raccolto piu’ dissensi e contrasti anche all’interno della sua maggioranza. Ora sono necessarie nuove elezioni e che il futuro governo sappia dialogare meglio con l’opposizione di turno e facciano  prevalere sempre gli interessi a beneficio del nostro Paese.                           Boston, 19 ottobre 2007