Anche Gianfranco Fini ha scelto lo studio televisivo di Porta a Porta per “scendere in campo” e proporre la sua candidatura a leader della Casa delle Libertà. Non è uno scontro con Berlusconi, ma la conseguenza del nuovo sistema elettorale che porta fatalmente ogni partito a correre in proprio e misurarsi anche con i rispettivi alleati di coalizione. Di fatto, però, candidandosi a leader del centro-destra, Fini lancia un messaggio chiaro agli elettori: “ Non vorresti la vittoria di Prodi ma sei insoddisfatto del Cavaliere ? Votami e risolvi il problema….” Ma se alla CDL il correre con tre leaders di partito anziché uno può elettoralmente fare del bene, non c’è dubbio che Fini abbia – insieme con Casini – un “appeal” elettorale che va al di là dei voti tradizionali espressi per AN e quindi appare come una vera alternativa a Berlusconi e non solo una candidatura di bandiera. Ad un Fini che secondo i sondaggi è “amato” da buona parte dell’elettorato sta forse stretto un partito come Alleanza Nazionale, ma paradossalmente anche Berlusconi ha da guadagnare in questa sfida a tre, visto che prima di tutto la CDL deve recuperare sul centro-sinistra. Tre cavalli tirano più di uno solo e se c’è chi pensa ad una possibile crisi elettorale di Forza Italia, Berlusconi conta – soprattutto se fosse liberalizzata la legge sulla “par condicio” permettendogli spot più o meno a volontà – di inondarne l’ Italia per recuperare consensi confermandosi leader. Non è un caso che su questa legge il primo a frenare sia proprio il presidente della Camera… Ma torniamo a Gianfranco Fini che, dopo anni all’ombra di Berlusconi, si ripresenta oggi come un potenziale, futuro primo ministro. Gianfranco ha lavorato a lungo e spesso in silenzio dietro le quinte ed in questi ultimi anni ha indubbiamente “studiato da leader” uscendo progressivamente da una posizione politica di emarginazione, crescendo in considerazione all’estero dove nessuno oggi protesterebbe per una sua investitura. Amicizie solide dagli USA ad Israele alla Turchia, molta accortezza a Bruxelles, credibilità come estensore della Carta Europea gli hanno permesso di gettare buone basi per Palazzo Chigi. All’interno, piuttosto, alcune sue scelte “laiche” - come per il referendum – gli hanno sicuramente nuociuto a livello di simpatie cattoliche, ma per contro hanno accreditato l’immagine di un Fini “liberal” e culturalmente molto aperto e trasversale: si vedrà quanto questi aspetti conteranno in sede elettorale. Non c’è dubbio poi che il leader di AN non abbia esitato a “strappare” qualche volta anche con il suo partito, quando ancora c’era la legge elettorale maggioritaria. Fu fiuto politico e gioco d’anticipo, che domani potrà può calamitare consensi esterni? L’elettorato di AN e di Fini è diverso da quello di pochi anni fa e se da una parte numerose sono ora le simpatie al centro si è eroso quello “zoccolo duro” che era il tradizionale bacino elettorale della destra italiana. Certo che quella quota di elettorato non di sinistra o che comunque non ama Prodi e dintorni (sempre maggiori elettori anche nel centro-sinistra si rendono conto che Bertinotti e l’ala estrema hanno un crescente potere di condizionamento nella coalizione dell’Unione) ha adesso con Fini una alternativa credibile a Berlusconi. Sta a Fini dimostrare ora capacità
di trascinamento, volontà di essere davvero un leader e soprattutto
la forza di farsi interprete di quei ceti delusi che gli riconoscono maggiore
spessore politico e di mediazione rispetto a Berlusconi, con il vantaggio
di non avere alle spalle un impero economico che da sempre solleva polemiche
e conflitti di interesse.
Marco Zacchera marco.zacchera@libero.it
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