ll 21 giugno prossimo si voterà
- anche all’estero - per un importante “referendum” in materia elettorale.
L’istituto giuridico del “referendum
abrogativo” – ampiamente usato in Italia negli ultimi trent’anni - e serve
per deliberare l’abrogazione parziale o totale di una legge, quando lo
richiedono almeno cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali.
L’appuntamento è particolarmente
importante perché i promotori del referendum hanno chiesto l’abrogazione
“mirata” di alcune parole o frasi, contenute nelle leggi elettorali vigenti
che - attraverso la tecnica del “ritaglio” - potrebbe determinare un grosso
cambiamento del sistema elettorale italiano.
Al di là delle polemiche
che hanno accompagnato i modi ed i tempi dei referendum, è utile
tentare di dare un contributo di chiarezza per chi deve votare, cercando
di superare le difficoltà cui si trova di fronte il singolo elettore
per votare “SI” o “NO” a quesiti spesso incomprensibili.
Giova ricordare innanzitutto che,
trattandosi di referendum abrogativo, il voto “NO” serve – come sempre
- a mantenere immutata la situazione (non abrogando alcuna norma), mentre
il voto “SI” determina l’abrogazione della legge (o di una parte di essa)
sottoposta al giudizio degli elettori.
I quesiti proposti in quest’occasione
referendaria sono tre: il primo e il secondo riguardano il premio di maggioranza;
uno per la lista più votata alla Camera, l’altro per la lista più
votata al Senato e il terzo l’abrogazione delle candidature multiple.
L’attuale legge elettorale prevede
un sistema proporzionale con premio di maggioranza, di cui possono beneficiare
singole liste o coalizioni. Il primo e il secondo quesito puntano ad abrogare
l’assegnazione del premio alle coalizioni, sia alla Camera che al Senato.
Il premio di maggioranza viene invece attribuito alla lista singola che
abbia ottenuto il maggior numero di seggi. Il terzo quesito intende cancellare
la possibilità per il candidato eletto in più circoscrizioni
di optare per uno dei seggi ottenuti, consentendo ai primi dei non eletti
di subentrargli. Grazie a questo meccanismo, nell’attuale legislatura un
terzo dei parlamentari è stato scelto, dopo le elezioni, sulla base
delle decisioni di chi era stato eletto.
Nel dettaglio:
Primo quesito - Scheda 1 (verde)
- Legge elettorale della Camera.
Se vince il “NO” (o vota meno
del 50%+1 degli elettori) rimane in piedi la legge vigente. Dei 630 seggi
della Camera, il 55% (340 seggi) va alla lista che ottiene la maggioranza
relativa dei voti (basta avere anche un solo voto in più). Per ottenere
questa maggioranza relativa, le liste hanno la possibilità di creare
coalizioni: le liste che ne fanno parte saranno contate, ai fini del calcolo
dei voti, come se fossero una lista unica. Se vince il “SI” (e va a votare
più del 50%+1 degli elettori) non sarà più possibile
presentare coalizioni. La lista che ottiene la maggioranza relativa otterrà
da sola il 55% dei seggi. Si aboliscono quindi le coalizioni: vince il
premio di maggioranza - che garantisce 340 seggi - il partito (o la lista)
con più voti. Partecipano alla ripartizione dei seggi le liste che
ottengono almeno il 4% dei voti su base nazionale. (Da notare che, nel
sistema attuale, le liste non possono entrare in Parlamento se ottengono
meno del 4% dei voti, ma se fanno parte di una coalizione possono entrare
anche ottenendo solo il 2% dei voti).
Secondo quesito - Scheda 2 (bianca)
- Legge elettorale del Senato.
Se vince il “SI”, si aboliscono
le coalizioni: vince il premio regionale - che garantisce il 55% dei seggi
della regione - il partito o la lista con più voti. Partecipano
alla ripartizione dei seggi le liste che ottengono almeno l’8% dei voti
su base regionale. Si tratta in pratica dello stesso meccanismo del quesito
precedente, con la differenza che il calcolo dei seggi avviene su base
regionale. Dunque la lista che ottiene la maggioranza dei voti in una regione
ottiene il 55% dei seggi di quella regione.
Terzo quesito – Scheda 3 (rossa)
- Candidature multiple.
Se vince il “SI”, viene abolita
la possibilità, prevista dalla legge attuale, di candidarsi in più
circoscrizioni (cosiddette candidature plurime). Con l’attuale legge, ogni
candidato ha la possibilità di candidarsi in più di una delle
diverse circoscrizioni elettorali in cui è diviso il territorio
(a ogni circoscrizione corrisponde una lista di candidati, per ogni partito
saranno eletti tanti candidati della lista quanti sono i voti ottenuti
da quel partito in quella circoscrizione).
In questo modo ogni candidato
avrà la possibilità di candidarsi in una e una sola circoscrizione.
Rosario Grenci
|